Luigino Lo Campo, pugile dilettante

A frequentare una palestra di pugilato ha iniziato a 16 anni per diversificarsi da quello che facevano tutti gli altri, ossia giocare a calcio. É andato avanti e ha cominciato a macinare match, che per lui, dice, sono come le noccioline: “uno tira l’altro”. E in palestra ha trovato anche una sorta di seconda famiglia, di cui non può più fare a meno.

Luigino

Io come emozioni, prima di un incontro, dal primo fino all’ultimo che ho fatto, ho sempre avuto paura. Sempre. Al di là di sapere se l’avversario è più forte, meno forte, più esperto, meno allenato, ho sempre avuto paura. Fin quando salgo i gradini e scavalco le corde, ho paura. È una sensazione che può sembrare, vista da fuori, strana. Si pensa che il pugile sia uno che non ha paura, invece, è proprio il pugile che trasforma la paura in concentrazione.

Per fare il pugilato ci vuole tanto cuore e coraggio. Non è da tutti salire sul ring e affrontare una persona che ti colpisce. Là sopra l’errore non si paga né con un gol, né con un canestro, bensì, con il dolore. Quindi, bisogna cercare di essere, fino alla fine, umili e nello stesso tempo vogliosi di mordere la situazione.

Qualsiasi problema ti può accadere fuori, almeno a me succede così, lo riporto al problema che potrebbe accadermi sul quadrato: se c’è una situazione che non mi sta bene, o vado incontro e cerco di togliermela, o cerco di togliermi io.